QUANDO IL GENITORE OPPRIME IL FIGLIO NELLE SCUOLE CALCIO E NON SOLO…

Ascoltare con attenzione le parole di Isabella Gasperini, psicologa dello sport. (video estratto da youtube). https://isabellagasperini.wordpress.com/

“Cari genitori la motivazione per la quale vostro figlio pratica un’attività sportiva può essere completamente diversa da quella che voi avete in testa: avete mai visto un papà o una mamma che hanno giocato a basket da giovani portare il figlio o la figlia ad un corso di golf?” cit. Maurizio Mondoni ( ricercatore, docente ed allenatore di basket)

Sicuramente sarà capitato anche a voi di vedere  genitori che urlano come matti verso i propri figli, verso l’arbitro o l’allenatore, pensando che loro figlio sia il nuovo Maradona.

Purtroppo è una realtà più che consolidata, ma è importante sensibilizzare tutti contro questo tipo di atteggiamento;  evidenziando come questi comportamenti  spingono i giovani ad allontanarsi dallo sport, in quanto la pressione e le aspettative del genitore finiscono per stritolare come in una morsa le loro emozioni, spingendoli alla confusione e alla delusione più totale.

Sicuramente importantissima è la presenza del genitore per sostenere e dar man forte al proprio ragazzo/a, altrettanto importante lasciare che il figlio/a si diverta, faccia errori e rispetti le autorità pertinenti all’interno del circolo sportivo.

Come evidenzia anche Maurizio Mondoni ( noto ricercatore, professore universitario ed  allenatore di basket giovanile), indicando una ricerca svoltasi nel 2010, attesta che l’abbandono dello sport dopo i 12 anni sia altissima, dovuta soprattutto a ciò che abbiamo scritto ad inizio articolo, sottolineando che le urla dei genitori mentre il figlio pratica sport mandano il giovane in assoluto stress e confusione.

Provate ad immaginarvi voi in un campo (di qualsiasi sport),siete li dentro che state affrontando le vostre nuove esperienze e come guida avete uno o più allenatori formati e preparati che cercano di indicarvi come affrontare determinate situazioni e nello stesso tempo al di fuori, invece, c’è  un vostro genitore che urla e sbraita contro di voi perché non state andando bene.

Voi al loro posto come vi sentireste? Come reagireste? Non credete che il primo messaggio che arriva al ragazzo/a sia: ma dove sto sbagliando? Perché mi urlano se è un gioco? Perché non posso fare ciò che voglio se il primo a farlo è il mio genitore scavalcando le autorità presenti? Ma perché devo continuare a fare sport se ogni volta devo vivere questo disagio?

Perciò invito a riflettere su questo, i figli non devono realizzare i sogni dei genitori, ma i propri e per farlo devono tentare, sbagliare e divertirsi.

Ricordando soprattutto che nella maggior parte dei casi, gli allenatori vicini, almeno quelli seri, passano ore e ore a formarsi e studiare per aiutare i ragazzi ad affrontare determinate situazioni sportive e psicologiche.

A me personalmente è capitato spesso che dei ragazzi si rifiutassero di giocare partite facendo finta di stare male, proprio per evitare le urla dei genitori che erano al di fuori del rettangolo di gioco.

Vi assicuro che gestire situazioni come queste su scritte è assai complicato, in quanto in quel momento nella testa del ragazzo s’innescano dei meccanismi complessi da comprendere, il primo in assoluto è la paura più assoluta sia di sbagliare sia dei rimproveri dei genitori a fine partita.

Non dimenticherò mai di quando allenavo una categoria di ragazzi di 8 anni, nei quali c’era un ragazzo davvero molto bravo, riusciva a vincere le partite praticamente da solo, aveva però un grande handicap, è si, i suoi genitori, quando entrambi sia la madre e sia il padre ( ci tengo a sottolineare che erano cmq brave persone) iniziavano ad urlare e sbraitare fuori dal campo, andava in stress totale e diventava completamente remissivo e nervoso.

Addirittura in un torneo d’Elitè, con una nota società giovanile capitolina, il ragazzo fece finta di non stare bene e dopo 5 minuti di inizio partita fece finta di stare male e chiese di uscire dal campo.

A bordo campo eravamo in due a gestire la squadra, nonostante avessimo compreso quale fosse la reale problematica, non c’è stato verso di riuscire ad incoraggiarlo a rientrare nel gioco per divertirsi.

Il tutto con scena tristissima a fine partita, con il genitore che mentre portava via il figlio che camminava a testa bassa ( vi ricordo l’età 8 anni), lo rimproverava di non essersi messo in mostra.

Ora non voglio creare una sorta di linciaggio mediatico verso il genitore in questione, ma solo invitare a riflettere su queste situazioni.

Giovani ragazzi che assistono a una rissa tra genitori. Secondo voi si stanno divertendo? ( video estratto da You Tube).

Quindi lasciateli giocare in pace e dategli sostegno incoraggiandoli tifando per loro, con il giusto entusiasmo e voglia di divertirsi e ancor meglio prima di rimproverare la vostra prole  durante la loro sessione sportiva, ricordatevi di quando eravate piccoli voi, esortandovi anche a partecipare a piccoli corsi aperti a tutti non solo ai tecnici, dove viene improntata anche la componente psicologica dei ragazzi, in modo di comprendere meglio che le vostre urla non sono assolutamente di aiuto ai vostri figli, ma capire come aiutarlo a divertirsi, a migliorare ed imparare dalle proprie sconfitte.

Per concludere questo tema davvero importante qui di seguito pubblico un vademecum a mio avviso fondamentale e da divulgare (estratto dal sito: http://www.mistermanager.it/la-psicologia-nello-sport-il-rapporto-genitori-bambini/)

  • Stimolare, incoraggiare la pratica sportiva, lasciando che la scelta dell’attività sia fatta dal bambino.
  • Instaurare un giusto rapporto con l’allenatore per fare in modo che al bambino arrivino sempre segnale coerenti dagli adulti di riferimento.
  • Lasciare il bambino libero di esprimersi in allenamento ed in gara (è anche un modo di educarlo all’autonomia).
  • Evitare di esprimere giudizi sui suoi compagni o di fare paragoni con essi: è una delle situazioni più antipatiche che si possano verificare sia per i piccoli che per i grandi.
  • Evitare rimproveri a fine gara. Dimostrarsi invece interessati a come vive i vari momenti della gara ed eventualmente evidenziare i miglioramenti. Aiutarlo a porsi obiettivi realistici ed aspettative adeguate alle proprie possibilità.
  • Offrire molte opportunità per un’educazione sportiva globale. Rispetto delle regole, degli impegni, delle priorità, dei propri indumenti, degli orari, dei compagni, dell’igiene personale. Il genitore deve concorrere al raggiungimento di questi obbiettivi con l’allenatore.
  • Far sentire la nostra presenza nei momenti di difficoltà; sdrammatizzare, incoraggiare,  evidenziare gli aspetti positivi. In ogni caso salvaguardare il benessere psicologico del bambino.
  • Avere un atteggiamento positivo ed equilibrato in rapporto ai risultato, saper perdere è molto più difficile ed importante che saper vincere. Nello sport, come nella vita, non ci sono solo vittorie e dopo una caduta bisogna sapersi rialzare.
  • Tener conto che l’attività viene svolta da un bambino e non da un adulto.
  • Cercare di non decidere troppo per lui.
  • Cercare di non interferire con l’allenatore nelle scelte tecniche evitando anche di dare giudizi in pubblico sullo stesso ( in caso di atteggiamenti ritenuti gravi rivolgersi in Società ).
  • Cercare di non rimarcare troppo al bambino una partita mal giocata o quant’altro evitando di generare in lui ansia da prestazione ( non bisogna essere né ipercritici né troppo accondiscendenti alle sue richieste che spesso sono solo dei capricci ).
  • Incitare sempre il bambino a migliorarsi facendogli capire che l’impegno agli allenamenti in futuro premierà (rendendolo gradatamente consapevole che così come a scuola anche a calcio per far bene c’è bisogno di un impegno serio).
  • Abituare il bambino a farsi la doccia, legarsi le scarpe da solo e a portare lui stesso la borsa al campo sia all’arrivo che all’uscita (rendendolo pian piano autosufficiente).
  • Cercare di non entrare nel recinto di gioco e nello spogliatoio.
  • Durante le partite cercare di controllarsi: un tifo eccessivo è diseducativo sia per i bambini che per l’immagine della società nei confronti dell’esterno.
  • Cercare di ascoltare il bambino e vedere se quando torna a casa dopo un allenamento od una partita è felice.
  • Ricordarsi che sia i compagni che gli avversari del proprio bambino sono anche loro bambini e che pertanto vanno rispettati quanto lui e mai offesi.
  • Rispettare l’arbitro e non offenderlo.
  • Nelle partite del Settore Giovanile spesso gli arbitri sono ragazzi giovani al primo approccio o sono dei dirigenti e anche loro genitori che stanno aiutando il calcio giovanile: tutti si può sbagliare, cerchiamo di non perdere la pazienza!
  • Ricordarsi che molte volte si pensa che ” l’erba del vicino sia sempre la migliore” e pertanto prima di criticare l’operato della Società cercare di capire chiedendo direttamente spiegazioni al Responsabile che sarà felice di ascoltarti.

 “La competizione fa parte della natura umana e i bambini competono per natura. I bambini devono fare i bambini. I bambini giocano una partita per volta e vada come vada la terminano per cominciarne un’altra, senza mai perdere la misura dei loro limiti. E’ importante che gli Istruttori e i genitori insegnino loro a vincere e a perdere senza eccessive esaltazioni o drammi”.  cit. Maurizio Mondoni